Segreto: due scene tagliate (e perché)
Ciao a tutti, e buona domenica.
La Sorpresina #4 riguarda due momenti di Segreto (La Trilogia di Lilac #2).
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A domani con la quinta ed ultima Sorpresina!
Per recuperare le altre:
Sorpresina #1
Sorpresina #2
Sorpresina #3
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La Sorpresina #4 riguarda due momenti di Segreto (La Trilogia di Lilac #2).
Uno dei miei problemi più grandi, quando scrivo, è la tendenza a evitare i momenti difficili per i miei personaggi. Litigi, confronti, cose di questo tipo. Riempio le varie bozze di scene "tranquille", non difficili, ma inutili al fine della crescita dei personaggi e della storia. Me ne rendo conto mentre le scrivo, eppure non mi fermo. Alla fine, quando rileggo il capitolo, sistemo un segnalibro rosso con su scritto "Non girarci attorno, capra!" accanto a quella scena.
Nel capitolo 33 di Segreto, Lilac si prepara alla festa dei patroni. Eloise e Baguette sono nella camera al terzo piano del palazzone poco prima che Thomas arrivi e quei minuti, per Lilac e Baguette, sono pieni di tristezza. La prima soffre perché, dal giorno della gara allo Stadio dei Marmi, Baguette la tratta con indifferenza; Baguette, invece, è furiosa all'idea che Lilac ed Elia dovranno concepire un bambino. Quando Eloise si rivolge a Lilac, Baguette le fa eco con battute al vetriolo che feriscono Lilac. Quando Baguette vede il vestito verde, non fa altro che pensare al fatto che Elia vedrà Lilac nuda.
Nella prima bozza di Segreto non volevo scrivere quella sequenza. Il neurone si rifiutava di concepire ulteriori momenti angst, e per questa ragione nella stanza al terzo piano del palazzone Baguette non c'era. Lilac era in compagnia di Jonah e di Eloise e la sequenza aveva, come protagonisti, il Capitano e a Jonah. Nella versione finale, la parte di Jonah è sparita, quella del Capitano è stata approfondita, e Baguette è apparsa in camera per il tanto temuto momento angst.
Due giorni dopo, quando lo Stadio dei Marmi è
occupato dal palco e dalle attrezzature per la festa, Eloise ed io ci
ritroviamo con Jonah nella nostra stanza, durante la pausa fra un turno e
l’altro.
Jonah è seduto al piccolo tavolo accanto al
suo lettino, e sta colorando un nuovo disegno. E’ stato Thomas a portargli
nuovi colori, ieri sera. Glieli ha portati in un borsello grande, simile a
quello di Harry, e per qualche istante è rimasto con lui a vederlo colorare.
Oltre l’onnipresente fucile. Oltre gli abiti
scuri e l’aspetto burbero, in Thomas c’è un artista. Non ho idea di cosa
disegni sul suo quaderno nero, ma ogni notte, quando si accomoda sulla solita
poltrona, apre una pagina e lavora a qualcosa.
Nel mio mondo, le donne che si occupano di
arte usano i tablet, i laser per la scultura, gli aerografi elettronici.
Qualcuna usa ancora le matite, come fa Thomas.
I suoi disegni sembrano reali. Finora ho
visto un cane che somiglia a Marilyn, l’orto nello stadio Olimpico, e il volto
di una donna dai capelli neri e gli occhi azzurri. Credo che si tratti di
Eloise, ma a lei l’idea non piace. Anche se, quando gliene ho parlato, l’ho
vista arrossire.
“Posso entrare?”
Dalla porta aperta, la voce del Capitano mi
riporta al presente. E’ la prima volta che lo rivedo da quando ha nominato Elia
come guardia, ed è la prima volta che mi parla dopo la visita a piazza San Pietro.
“Ciao, Jonah,” dice a mio fratello, ancora
impegnato a colorare.
“Ciao,” dice lui, prima di sollevare un
foglio. “Ho finito un altro disegno, visto?”
“Davvero? Che cosa hai disegnato stavolta?”
“Ho fatto un castello di sabbia,” risponde
Jonah. “Questo sono io, questo è Elia, questa è Lilac, e questo è il mio papà.
Lilac ha detto che posso disegnarlo anche se non c’è più. Vero?” dice girandosi
verso di me per avere conferma.
“Certo,” rispondo.
“Lilac ha ragione,” risponde il Capitano,
accomodandosi su una delle due sedie libere. “Ti piace disegnare?”
Jonah annuisce, il naso sepolto nel borsello
per cercare un nuovo colore.
“Che ne dici di venire a disegnare con me?
Nella stanza in cui abbiamo visto i cartoni animati, ricordi?”
Jonah scrolla le spalle. “Può venire anche
Lilac?”
“Lilac verrà a trovarci domattina. Io e te
potremmo disegnare, mangiare qualche caramella di Rita e guardare un mucchio di
cartoni animati nel frattempo.”
“Posso andare?” mi chiede mio fratello.
Vorrei dirgli che non può. Vorrei tenerlo a
me e portarlo, assieme agli altri, oltre la rete verde.
Invece, dopo aver incrociato lo sguardo con
il Capitano, annuisco. “Ti divertirai,” dico, liberandomi dell’orologio per
sistemarlo sul suo piccolo polso. “Quando la lancetta sarà qui,” dico,
indicando i numeri, “io verrò a riprenderti. Ok?”
“Ok. Va bene. Ti piace?” domanda poi al Capitano,
mostrandogli il polso. “Tu ce l’hai un orologio?”
“No,” risponde l’uomo vestito di nero.
Solleva entrambi i polsi. “Visto? Niente.”
“Io vinco allora.”
Il Capitano sorride. Si alza in piedi, e dice
a Jonah di raccogliere i disegni, i colori e di aspettarlo nel corridoio. Jonah
ubbidisce, ma prima di uscire dalla stanza viene ad abbracciarmi. Prova a farlo
con le sue cose fra le mani, ma quando ha difficoltà appoggia tutto sul letto.
“Prometti che non te ne andrai?” dice alla
fine dell’abbraccio, allungando la manina verso di me.
Da quando ha saputo di Michael, non fa altro
che chiederci – a me, a Elia, perfino a Baguette – di promettere che non ce ne
andremo mai. Ovvero che non moriremo mai. E per suggellare la promessa, ci
chiede di stringergli la mano.
“Prometto,” dico, prendendo la manina nelle
mie e baciandone il dorso abbronzato. “Tu prometti di fare il bravo con il
Capitano.”
“D’accordo.”
“A domani,” è tutto ciò che dice il Capitano
prima di raggiungerlo nel corridoio. Non c’è autorità nella sua voce, adesso.
Non c’è scherno.
“A domani,” gli
faccio eco.
***
Nella prima bozza di Segreto, e anche nei primi due giri di revisioni, Lilac raccontava la verità a Gianmaria in maniera differente. Nel libro avete letto che si reca all'Unita di Crisi, che si inginocchia, che piange, che supplica il capo di Roma e il suo Vice.
Inizialmente, con Lilac c'era anche Elia. Egli l'accompagnava e partecipava al racconto studiato a tavolino per convincere i romani ad "attirare" Vega G a Piazza San Pietro.
Durante le revisioni, però, quando ho pensato alla videochiamata che ha luogo la notte prima fra Vega G e i ragazzi, mi sono resa conto di una cosa importante: Vega G istruisce Lilac; le suggerisce di piangere, le dice di mostrarsi vinta e sottomessa agli occhi di Gianmaria; le dice di fingersi spaventata e intimorita dal potere dei romani. Solo così, potrà fargli credere che l'hanno piegata. Solo così potrà guidarli verso il piano che lei e gli altri hanno ideato.
Alla luce di questo: 1. Vega G non avrebbe mai suggerito a Lilac di farsi accompagnare da Elia; una mossa simile avrebbe insospettito Gianmaria e il Capitano, e la presenza di Elia - l'uomo più forte di Roma - avrebbe diminuito l'effetto "Lilac a pezzi" che il pianto e la sottomissione dovevano trasmettere; 2. Lilac stessa non avrebbe accettato di farsi accompagnare; il momento in cui entra nella stanza in cui si trovano Gianmaria e X, si inginocchia e inizia a piangere, è il momento in cui Lilac mette in essere non solo il piano, ma anche tutto ciò che ha imparato grazie a Michael, a Coral, a sua nonna e anche a Vega G. Quello è il momento in cui Lilac cambia (e di tale cambiamento si riparlerà in Infinito) ed era importante che fosse da sola. Ad affrontare Gianmaria e a crescere.
Quella che segue, è la scena che include Elia.
Elia mi tiene per mano quando le porte
dell’ascensore si aprono.
Uso quella libera per aggiustare la tracolla.
“Ricordi tutto?” mi chiede mentre camminiamo
verso le porte di vetro scuro.
Muovo la testa per dirgli Sì.
La guardia senza maschera, seduta alla
scrivania, scatta in piedi quando ci vede. “Che cosa ci fate qui?”
“Voglio parlare con il Capitano e Gianmaria,”
gli dico.
“Loro non aspettano nessuna visita, non
potete-“
“Mattia, falli entrare nella sala delle
riunioni.” La voce di Brunelleschi arriva dalla fine del corridoio. Sta uscendo
dalla zona privata dell’unità di crisi. “Fra dieci minuti saremo tutti lì.”
Brunelleschi è di parola. Dopo dieci minuti,
nella sala delle riunioni ci sono tutti. Il Capitano e Gianmaria. E i loro
aiutanti.
Anche X.
E’ entrato assieme a Gianmaria, e si è
accomodato in silenzio sulla sua poltrona.
Elia ha stretto la mano attorno alla mia in
quel momento, e con gli occhi mi ha ricordato ciò che abbiamo ripetuto insieme
questa notte: Non può più farti nulla. Non può più farti nulla.
Quando la guardia alla scrivania chiude le
porte, nella sala delle riunioni l’unico suono è quello delle poltrone
girevoli, le cui rotelle stridono sul parquet.
Nove uomini e una donna col volto coperto mi
osservano e aspettano che parli.
“Mi sembra di rivivere una replica,” dice
Gianmaria. “Quando sai già cosa accadrà, e non vedi l’ora che lo strazio
finisca. Oggi abbiamo una novità,” aggiunge, indicando Elia. “La Rossa e la
Guardia del Corpo. Cosa vuoi dirci, Lilac? Vuoi dirci che dopo quello che è
successo alla tua amica non ci racconterai nulla? Che vuoi che vi lasciamo
andare? Che preferisci lanciarti sul filo spinato invece di aiutarci? Ti prego,
fai in modo che il tuo discorso sia almeno drammatico, ok? E’ una replica, ma
cerchiamo di renderla interessante. Se può servirti, sappi che quello che è
successo ieri alla tua amica pende solo ed esclusivamente sulle vostre spalle.”
Muove due dita verso Elia e me. “Tu e il tuo amico avreste dovuto darci un
bambino. Cosa avete fatto, invece? Tu sei andata a divertirti con i tuoi nuovi
amici. Piccola parentesi: Brunelleschi, per la fine di questa settimana voglio
la testa del tuo protetto. Nessuna scusa. Parentesi chiusa, torniamo a Lilac.
Cos’hai fatto, Rossa? Te ne sei andata con la tua amata? Pensavi che non ce ne
accorgessimo? Pensavi davvero che il tuo gesto non avesse conseguenze? X è
stato fin troppo buono con Baguette,” dice, appoggiando una mano sulla giacca
nera dell’uomo alla sua destra. “Avrebbe potuto fare di peggio, sai? Mi ha
detto che ha dovuto trattenersi. Mi ha detto che sembrava quasi che alla tua
amica piacesse ritrovarsi con lui in quella stanza. Vero, X?”
X ride.
“Che cosa vuoi stamattina?” chiede Gianmaria.
“Cosa pensi di ottenere?”
“Vuole me,” interviene X, la voce distorta
dalla maschera. “Vero, Rossa? Vuoi me in cambio delle informazioni di cui
abbiamo bisogno.”
“Beh, puoi scordartelo,” ribatte Gianmaria.
“X è un soldato di Roma. Il mio Vice, e-“
“Perché non chiudete entrambi la cloaca?”
chiede il Capitano, sollevando le sopracciglia verso i due con impazienza.
“Perché non la lasciamo parlare?”
Gianmaria gesticola verso di me. “Parla,
Rossa.”
Elia lascia andare la mia mano, ma non prima
di avermi regalato un’altra occhiata carica di supporto.
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